La convivenza difficile: la questione Brussel-Halle-Vilvoorde

La trincea dove da decenni si dissanguano le buone intenzioni delle due maggiori comunità linguistiche del Belgio si chiama Brussel-Halle-Vilvoorde. Sugli scogli di  questo minuscolo punto sulla carta geografica possono naufragare governi, crollare mediazioni faticosamente costruite, propagarsi scossoni che ciclicamente minano le fondamenta stessa dello stato federale. Brussel-Halle-Vilvoorde (per comodità chiameremo BHV) è divenuta per una serie di complicate dinamiche storiche, politiche, sociali il punto di rottura nei delicati equilibri che, a fronte di secolari incomprensioni, tengono insieme il sistema federale belga, degenerando negli anni in una situazione più unica che rara e che difficilmente troverà una soluzione se non in una riscrittura del patto fra le due comunità dettato da un sano ed opportuno buon senso. Visto dall’estero il problema non è di facile comprensione e spesso si genera confusione e fraintendimento quando le notizie attinenti allo stallo politico “sulla questione BHV” giungono negli altri paesi. Non ultimo anche perchè, per quanto sentito, il confronto si è fortunatamente mantenuto sul piano dell’iniziativa politica senza trascimare il confine della violenza, dando a volte l’impressione tutto sommato di un semplice disguido interno sul piano amministrativo. Proveremo invece a spiegare nel modo più semplice e chiaro possibile perchè al contrario la questione BHV è un passaggio cruciale, anche se non unico, per il destino del Belgio inteso come stato nazionale.

Brussel-Halle-Vilvoorde è una circoscrizione (arrondissement) elettorale che comprende la zona amministrativa di Brussel capitale (Bruxelles in francese) con le sue 19 municipalità, ufficialmente bilingue, e la zona amministrativa di Halle-Vilvoorde formalmente di lingua olandese. All’interno di quest’ultima esistono alcuni comuni che godono di una serie di facilitazioni linguistiche: questo perchè quando nel 1962 venne stabilito in Belgio il cosiddetto confine linguistico, ovvero la nascita di due zone separate dal punto di vista linguistico, a nord di lingua olandese, a sud di lingua francese, con Brussel bilingue (per semplicità tralasceremo la zona molto piccola di lingua tedesca) si decise di concedere ad alcune comunità nelle quali, secondo un censimento di alcuni anni prima, una percentuale della popolazione di almeno il 30% parlava un’altra lingua da quella ufficiale, una serie di facilitazioni sull’uso della lingua (ad esempio l’adozione di una doppia segnaletica stradale o la presenza di scuole elementari dove l’insegnamento era impartito nell’idioma della minoranza linguistica). Di queste particolari municipalità ve ne sono sei all’interno della zona di Halle-Vilvoorde che confinano con Brussel e che hanno una maggioranza di francofoni, in percentuali che superano anche il 50% dei residenti. Soffermiamoci un momento su questo punto. Una percentuale cosi’ alta di francofoni in una zona fiamminga è dovuta alla migrazione di residenti da Brussel (al 90% francofona) e dalla Vallonia nelle comunità in questione, processo favorito dalla costruzione di nuove aree suburbane nei dintorni di Brussel e durato per decenni. Questa “francesizzazione” di aree nominalmente fiamminghe è stata sempre stigmatizzata all’unanimità dal ceto politico delle Fiandre. Una cartina aiuterà a focalizzare meglio la questione.

 

Intorno al 2000 venne varata in Belgio la riforma elettorale con i collegi basati sulle province. Nel territorio corrispondente al vecchio  Brabante (nel 1995 diviso in Brabante Fiammingo, Brabante Vallone e Brussel capitale) furono create le circoscrizioni elettorali di Leuven (che ricalcava la parte orientale del Brabante Fiammingo), di Nivelles (che comprendeva l’intero Brabante Vallone) mantenendo infine quella di Brussel-Halle-Vilvoorde la quale non venne modificata poichè non si riusci’ a raggiungere un accordo per la sua divisione, il tutto accompagnato da un complicato sistema di apparentamento delle liste (i partiti del distretto fiammingo di Leuven potevano apparentarsi con le liste di BHV  con queste ultime che a loro volta potevano formare un apparentamento con i partiti francofoni del distretto di Nivelles). 

Per ottenere dei seggi alle elezioni nazionali bisognava conquistare almeno il 5% dei voti in una singola circoscrizione, meccanismo che automaticamente escludeva partiti diversi da quelli linguisticamente affini alla zona di elezione. La riforma delle circoscrizioni si adattava alla situazione politica del Belgio dove de facto non vi sono partiti nazionali ma solo forze politiche appartenenti alle rispettive comunità (esistono ad esempio un partito socialista fiammingo ed uno vallone, un partito liberale di estrazione fiamminga ed uno francofono e cosi’ via). Il sistema seguiva in tal modo una logica basata sulla suddivisione del Belgio nelle tre regioni (Fiandre, Vallonia, Brussel capitale). Tuttavia vi era una anomalia, ovvero la circoscrizione di BHV rimasta, come appena ricordato, tale a dispetto dei tentativi di modifica proposti dai fiamminghi. Il motivo è semplice: teoricamente i cittadini francofoni, abitando nel territorio fiammingo di Halle-Vilvoorde avrebbero il diritto di votare per dei candidati o presentare delle liste solo in quella zona. Ma poichè la circoscrizione comprende anche Brussel capitale, i residenti francofoni di Halle Vilvoorde possono votare anche per candidati francofoni di un’altra zona, Brussel capitale appunto, e questa possibilità, negata ad esempio ai fiamminghi residenti nel Brabante Vallone, ha delle implicazioni di un certo peso.

Il punto di vista fiammingo ha alimentato negli anni  una serie di obiezioni. La prima è più importante è che la presenza di BHV è incostituzionale: i francofoni di Halle-Vilvoorde godono di un privilegio negato ad altri cittadini del Belgio, ovvero la possibilità di conservare il diritto di votare per candidati del territorio di un’altra regione. Questa lettura è  confortata da una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato contrarie alle norme della Costituzione le elezioni nazionali del 2003, in quanto esiste una violazione del principio di non discriminazione fra cittadini belgi sulla base dei primi cinque articoli della carta costituzionale (in particolare dell’articolo 4 che definisce le aree linguistiche). In secondo luogo vi è il timore che l’influenza politica dei francofoni di Brussel, con l’attività dei rappresentanti di fiducia eletti dai residenti francofoni di Halle-Vilvoorde, si estenda il tal modo anche in una zona di lingua olandese, rafforzando quel processo di “francesizzazione” delle aree intorno a Brussel. Sempre in quest’ottica, la presenza di forze politiche francofone in una zona fiamminga è percepita come un attacco alla cultura ed autonomia delle Fiandre tutelata dalla costituzione. Infine la presenza di BHV impedendo la formazione di una circoscrizione elettorale dell’intero Brabante Fiammingo (ovvero Halle-Vilvoorde più Leuven) secondo i confini provinciali, sottrae potere di rappresentanza ai piccoli partiti fiamminghi a causa del minor numero di seggi a disposizione. A seguito di queste appunti, si è coagulato negli anni un fronte comune di tutti i partiti fiamminghi che reclama la divisione di Brussel-Halle-Vilvoorde.

L’opinione della comunità francofona è nettamente contraria alla possibilità di dividere BHV. La Corte Costituzionale ha infatti sì stabilito che una soluzione va trovata per rientrare nell’alveo della legge, ma non prescrive come unico sbocco la divisione della circoscrizione. Tuttavia i francofoni sono disposti a scendere  al tavolo delle trattative con la comunità fiamminga ma solo di fronte ad una grande compensazione come ad esempio il passaggio delle sei comunità che godono delle facilitazioni linguistiche alla regione di  Brussel, l’allargamento dei diritti previsti dal sistema delle facilitazioni, o la possibilità per i francofoni di votare comunque liste presenti a Brussel. Tutte cose alle quali i fiamminghi si oppongono con decisione.

Dopo le elezioni del 2003 la ricerca di una soluzione condivisa apparve subito in salita, pressata da una scadenza precisa. La Corte Costituzionale, ritenne alla fine come valide le elezioni del 2003 ma ordino’ che entro il 24 giugno del 2007 (data prevista per le nuove elezioni) la questione venisse risolta dal Parlamento federale pena l’incostituzionalità delle successive elezioni. Il governo Verhofstadt, dopo il fallimento delle trattative seguite dall’uscita dei socialisti fiammighi dal tavolo di confronto, si vide costretto ad anticipare le elezioni al 10 giugno 2007, suscitando dubbi e proteste sulla legittimità ed opportunità della decisione.

Dopo le elezioni del 2007, la divisione di BHV era uno dei punti centrali della proposta di riforma dell’assetto delle istituzioni reclamata a gran voce dall’elettorato fiammingo. Di fronte allo stallo delle consultazioni fra le due comunità linguistiche anche solo per il varo di un governo, il 7 novembre del 2007, i fiamminghi forzarono la situazione con una decisione senza precedenti. Nella Commissione per gli Affari Interni, per la prima volta nella storia fatta di mediazioni del Belgio, gli esponenti fiamminghi (ricordiamo che la popolazione belga è per poco meno di due terzi fiamminga, quindi è numericamente maggioritaria nel Paese) decisero di votare uniti (con il voto anche dell’estrema destra separatista Vlaams Belang solitamente esclusa da ogni consultazione politica secondo la dottrina del “cordone sanitario”e “a maggioranza” (senza il voto dei francofoni) la divisione di Brussel-Halle-Vilvoorde determinando in tal modo la nascita della circoscrizione del Brabante Fiammingo con annessa la zona Halle-Vilvoorde che veniva separata cosi’, come si vede nella cartina sottostante, da Brussel capitale.

Di fronte al colpo, anche psicologico, non indifferente, di una maggioranza fiamminga che si muove unita ed in autonomia su temi attinenti al sistema federale, i francofoni hanno risposto compatti, abbandonando l’aula al momento del voto (come  possibile vedere nel video seguente riferito al momento della votazione) ed utilizzando lo strumento previsto dalla Costituzione della “alarmbelprocedure“, ovvero sollevando la questione di fronte all’ Overlegcomité (organo che dirime le questioni fra le varie amministrazioni del Belgio) e congelando in tal modo il voto della Commissione.

Nel caso non si giunga ad una soluzione mediata, dopo alcuni mesi la procedura legislativa va comunque avanti. Su una stessa questione è possibile chiamare in causa l’ Overlegcomité solo per tre volte cosa già attuata dalla comunità francofona. Questo vuol dire che nei primi mesi del 2009, in assenza di un accordo, la votazione della Commissione per gli Affari Interni sarà ratificata e si passera alla votazione del provvedimento in Aula. Attualmente si sta cercando di riannodare i fili di un dialogo per trovare una proposta comune che superi l’impasse che paralizza il Paese. L’esito negativo potrebbe presto far risuonare la campanella dell’ultima ora nel complesso edificio costituzionale chiamato Belgio.

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